Le tradizioni natalizie in Ucraina

Natale in Ucraina: le canzoni natalizie, il presepio, la cena di Natale

Tradizioni natalizie in Ucraina: le canzoni natalizie, il presepio e la cena di Natale

Da molti secoli già cominciando dalla Vigilia di Natale bambini e giovani si raggruppavano, munendosi di una grande stella e andavano di casa in casa “kolyaduvaty” cioè a cantare le canzoni natalizie per avvisare tutti della nascita di Cristo e ad augurare al padrone di casa tanta prosperità per la festa e per il nuovo anno. Nel gruppo c’è sempre uno che porta il sacco per raccogliere tutti i regali che la gente offre – dolci, frutta, ma anche dei soldi. Questo impegno dura per tutto il periodo natalizio e per i giovani è un momento di grande gioia, divertimento e gioco.

Parlando di canzoni natalizie, bisogna dire che in Ucraina ce ne sono tantissime – centinaia, forse migliaia. Una parte di esse sono canzoni natalizie con temi religiosi cristiani, spesso con profondo significato teologico, che raccontano della nascita di Cristo, sono più recenti e di solito sono chiamate kolyadky, mentre un’altra parte delle canzoni natalizie – più antica – sono chiamate shchedrivky, hanno un contenuto più mondano: spesso sono canzoni che parlano della natura esaltandola – primavera, sole, uccelli, alberi e fiumi. Un esempio di shchedrivka diventata famosa in tutto il mondo – è la canzone “Shchedryk”. E’ stata arrangiata dal grande compositore ucraino Mykola Leontovych, portata dagli ucraini negli anni venti dello scorso secolo in America e tradotto come “Carol of the bells”. Ma il contenuto di questa canzone è tutt’altro che natalizio – parla della primavera, della rondine che ritorna, delle pecore che hanno dato al mondo gli agnellini, del benessere del padrone. Come mai allora questa stranezza nelle canzoni natalizie?Le origini dei festeggiamenti e delle canzoni natalizie sono molto antiche: si trasmettono da secoli, alcune addirittura da migliaia di anni e spesso trattengono dentro di se molte usanze ancora pre-cristiane. Infatti, prima che Kyiv e il suo principe Volodymyr avessero ricevuto il cristianesimo da Bisanzio nel 988, gli antichi ucraini erano politeisti e veneravano molti déi che rappresentavano la natura – il dio Sole, il dio delle acque, il dio delle foreste etc. Alla fine di dicembre festeggiavano ogni anno Kolyada, una festa della rinascita del Sole e del giorno che dal 21 dicembre in poi diventava sempre più lungo. Ecco da dove proviene il nome delle canzoni natalizie kolyadky che usiamo anche oggi. Si pensava all’epoca che il 21 dicembre un grande serpente Korotun mangiasse il sole, ma la dea Kolyada lo faceva nascere di nuovo dalle acque del fiume Dnipro. Sembra che in quel giorno si raggruppassero come adesso i ragazzi e i bambini - kolyadnyky e con la prima stella apparsa nel cielo andassero di casa in casa a cantare ed annunciare la nascita del nuovo sole.  Con l’arrivo del cristianesimo questa festa si è trasformata nei festeggiamenti della nascita di Cristo – il vero Sole dell’umanità. Ma la nuova religione non è stata accettata subito e ben volentieri da tutti. Per un certo periodo cristianesimo e politeismo paleoslavo convivevano parallelamente fino che alcune tradizioni e usanze precristiane non si sono integrate nel cristianesimo e sono sopravvissute fino ad oggi. Ecco perché c’è una gran parte delle canzoni natalizie con un contenuto che non c’entra con Natale – sono molto antiche e precristiane ma sono amate e si cantano lo stesso perché trasmettono per il popolo ucraino lo spirito di molte generazioni e che comunque sono sempre di buon augurio e di pace con il mondo intero e la natura.

Certamente ci si crede anche che in questo periodo ci siano le forze invisibili e cattive – streghe, diavolo che vogliono impedire kolyaduvaty, annunciare la buona novella della nascita del Messia e in vari modi disturbare la gente.

La tradizione del presepio, vertep (che vuol dire grotta) però è un po’ più recente. In Ucraina non c’era la tradizione di un presepio fisso come nelle chiese cattoliche. Ma nel 16-mo secolo è nata una tradizione molto particolare e unica nel suo genere: si faceva la presentazione della nascita di Cristo tramite il teatro delle marionette o burattini. Di solito si costruiva una casetta a due piani, dove sul piano superiore si presentava la nascita di Cristo e sul piano inferiore le storie mondane della città o il paese dove si faceva il teatro. Nel 17-mo e 18-mo secolo queste rappresentazioni si trasformano nel vivo teatro di strada. La rappresentazione di Natale veniva raccontata dalle persone reali le quali vanno di casa in casa come o insieme a kolyadnyky per rappresentare la nascita di Cristo. A fare i primi teatri vivi erano di solito gli studenti spesso seminaristi o gli studenti della prima università ucraina – Accademia di Petro Mohyla. Le figure principali di questo teatro erano Giuseppe e Mariya, gli angeli, i tre re, i pastori, il diavolo e la raffigurazione della morte che veniva sempre sconfitta alla fine dello spettacolo.

E poi la cena di Natale che è probabilmente il momento più magico ed il più indimenticabile della festa che si preparava il giorno prima, alla vigilia. Per incontrare la nascita di Cristo, a cena doveva riunirsi tutta la famiglia – nonni, genitori, figli e nipoti. In modo particolare si ricordavano anche tutti i defunti della famiglia: prima della cena a casa si portava il Didukh – un covo di frumento e si metteva vicino alle icone: doveva simboleggiare le anime che si sono trasferite da Dio – certamente anche questa una usanza ancora pre-cristiana seppur molto diffusa anche oggi.

Il piatto più importante della cena è Kuttia – farro o altri cereali sbucciati e cotti, poi servito con miele, noci, uvetta e semi di papavero. Un piatto molto antico che esisteva sul nostro territorio da migliaia di anni come era anche presso gli antichi greci e latini che poi si è integrato pian piano nella cena cristiana di Natale. Assieme a Kuttia per la cena di Natale si cucinavano altri piatti e dovevano essere 12 a simboleggiare i 12 apostoli di Gesù. Tra i piatti c’è sempre borshch – zuppa di rapa rossa, varenyky – un piatto simile a ravioli, con vari ripieni – patate, cappuccio, frutta, semi di papavero; holubtsi – involtini di cappuccio con grano saraceno o riso, legumi, uzvar – succo fatto di frutta secca. Sul tavolo ci devono essere tre pani, preparati apposta per la cena, che simboleggiano la Trinità e sotto la tovaglia ci si metteva un po’ di fieno – che ricordava la mangiatoia dove è stato messo Gesù. La cena di Natale doveva essere preparata rigorosamente di magro: con la Vigilia di Natale finivano 40 giorni di digiuno con il quale la gente doveva avvicinarsi al Natale

La cena cominciava con la prima stella che appariva nel cielo, sul tavolo si accendevano le candele e si spegnevano le luci. Prima di cominciare a mangiare tutta la famiglia si riuniva in preghiera oppure cantava la kolyadka “Boh predvichnyi narodyvsia” - “Dio eterno è nato”.

Finita la cena bisognava dare qualche avanzo anche a tutti gli animali presenti nel cortile, e sul tavolo lasciare i cucchiai – perché si credeva che quella sera dovessero venire a mangiare anche le anime dei defunti… Mentre la famiglia si preparava ad andare in chiesa per la celebrazione.

La cena di Natale, allora, diventa il momento di pace e di unione, al quale partecipa tutto il mondo – Dio e uomo, famiglia e generazioni, vivi e morti, mondo animale e quello vegetale, visibile e invisibile, usanze cristiane e quelle precristiane.

Neanche il regime sovietico (durante il quale festeggiamenti e tradizioni di Natale erano severamente vietate), è riuscito a fermare questo spirito di Natale . La gente spesso non poteva andare in chiesa, perché le chiese erano chiuse, ma la cena di Natale si festeggiava lo stesso e dappertutto, nonostante le proibizioni, i nonni continuavano ad insegnare ai nipoti le canzoni natalizie e questo ha permesso che le tradizioni natalizie continuano a vivere anche oggi.