Storie della cultura ucraina: le icone
Ksenia Kostantynenko
L'arte ucraina in Italia è conosciuta poco. Ma quasi tutta l'arte slava sembra un'Atlantide sommersa, destinata a pochi studiosi! Facendo però ogni tanto lezioni pubbliche su questo tema, ho visto un interesse davvero vivace - quello di una scoperta. Ho pensato allora di fare una serie di racconti, possibilmente brevi – per voltare alcune pagine non solo dell'arte ucraina ma anche di una “storia attraverso l'arte”.
Sembrerebbe strano che nel XXI secolo certe volte si chiede ancora “Che cos'è l'Ucraina” - di un paese grande più di 600 mila km quadri, coinvolto in una guerra che solo un sordocieco continuerebbe a definire “civile” e in un mucchio di vicende politiche tanto ingarbugliate. E' un sicuro risultato della propaganda imperiale russo-sovietica pluriennale, anzi, plurisecolare, di cui filo rosso era la favola dell'inesistenza di ucraini, di bielorussi - alla fine per un occidentale anche gli estoni o i giorgiani ex sovietici si percepiscono come i “russi”(così sarà più facile?). Qui però dal presente vorrei tornare al passato. Alle origini. Con una piccola premessa: per comprendere l'arte ucraina antica, bisogna ricordare la differenza dell’evoluzione artistica nell’Occidente e nell’«ambito slavo». Uno spettatore occidentale comune, abituato a seguire i percorsi dal Giotto al Tiziano, al Caravaggio ecc. potrebbe percepire i secoli dell’arte ucraina come una continua ripetizione “delle stesse icone”. Solo che così non si capisce come mai già da fine 400 gli ucraini avevano una fiorente letteratura rinascimentale in lingua latina e tanti studenti tra Padova e Bologna ancora dal '300, le case dei nobili e dei borghesi ricchi adornate con i quadri italiani e fiamminghi - continuando comunque a dipingere «le stesse icone». E nel frattempo creare le sculture di una maestranza del tutto paragonabile con quella occidentale – basta vedere le opere del grande Iohann Pinzel(XVIII s.)
Questa “stranezza” si capisce seguendo le vicende storiche delle terre ucraine. Un etnia, quella ucraina, chiamata secoli fa “rutena”, o “russa”(da non confondere con i russi odeirni, nel passato i “moscoviti”) con antiche radici, che abita lo stesso territorio da almeno un millennio. Che ha una propria lingua e le proprie tradizioni culturali, ma non ha avuto un unico stato “nazionale” prima del 1991(salvo un breve tentativo del 1918). Faceva parte di altre formazioni statali(Il Regno di Polonia ad esempio) per via di obiettive circostanze storiche. La terra dell'odierna Ucraina, in origine una grande steppa eurasiatica, storicamente ha ospitato diversi popoli, dai Greci ai Sciti e nomadi asiatici, che hanno lasciato qui le tracce della loro cultura. Un etnia che si forma in un ambiente così sviluppa il senso di libertà, un’ apertura verso l’estraneo – ed una inclinazione a contemplare, assorbire, percepire i colori intensi del cielo e della terra. E' curioso che gli ucraini etnici ed i greci antichi avevano una simile visione antropocentrica del mondo e dello stato. Uno stato mai pensato come una struttura autocratica. Ai tempi dell'antico stato di Kyiv si assorbono le tradizioni dell'arte bizantina che resteranno in auge per secoli – ma per gli ucraini quest'arte non sarebbe mai diventata uno strumento statale ed autocratico, come in Moscovia. Rimane invece legata agli antichi culti pagani, in particolare – al culto della Madre Terra, della divinità femminile, che si ritrova nella Vergine, nel folclore ucraino chiamata spesso «mamma, madre». L’arte diventa una sorta di patria spirituale che unisce e consolida la nazione. Cosi il «fattore umano» prevale su quello puramente ecclesiastico. Tra le immagini sacre si distingue non tanto un Cristo-Re quanto un Cristo-Uomo che scende sulla terra e si fa corpo dolente. Il tema delle Passioni è tra i più frequenti nelle icone ucraine, perché così si sottolinea l’aspetto umano di Gesù. Divenne molto importante all’epoca di frequenti guerre e vessazioni politiche e religiose, quando i torturatori di Cristo assumono le sembianze dei nemici, vestiti, ad esempio, similmente ai «Ljakhy». Per lo stesso motivo sono molto popolari il San Giorgio che uccide il drago e l’Arcangelo Michele, i guerrieri che combattono il male e difendono i «giusti». Ma l’immagine – chiave per secoli resta la Vergine, che incarna la Madre-terra, la difesa e anche la speranza. Dopo la disgregazione dello stato kieviano le antiche tradizioni riprendono una vita nuova nel Principato di Galizia di cui principe Danylo Romanovyč (XIII secolo, di fatto un Re, in quanto incoronato dal Papa), un abile politico ed uomo colto, rimase aperto verso la tradizionale cultura bizantina ma ancora di più verso quella occidentale, e pian piano nell'arte della Rus’ Galiziana, si evidenziano anche i tratti originali, nonchè le varie scuole nella pittura. Dal XIV secolo esistono un «Ucraina polacca» ed una «Ucraina lituana» con una naturale tendenza filo-occidentale nelle terre «polacche» che comprendono anche quelle galiziane. La mentalità di un «nuovo ucraino», che si stava formando in quella situazione geopolitica, ad esempio, a L'viv(Leopoli) è paradossale, perche unisce benissimo la fede ortodossa-orientale con il modo di vivere latino-occidentale. Molti nobili ucraini abbracciano la fede cattolica, gli altri no, il popolo e i cittadini ricchi restano più ortodossi, creando un movimento di «bratstva», «confraternite», simile alle «scuole» di devozione e di carità veneziane, che sostenevano l’arte e la stampa ortodossa, per contrastare le diffuse scuole di studio cattoliche, gestite dai gesuiti. I gesuiti che, apparentemente «nemici» degli ortodossi, hanno con la sua attività stimolato anche la cultura laica e quella religiosa ortodossa, che punta sempre di più sull'aspetto delle proprie immagini sacre, sviluppando le iconostasi maestose, simili alle facciate dei palazzi. Importante, che in quest’arte figurativa ucraina la «fedeltà» alle forme tradizionali ha assunto un significato di «scudo protettivo» contro la vessazione cattolica. Mentre nella vita laica lo studio e la cultura «latina» si accettavano. Così come nella scultura le tendenze occidentali venivano ammesse più facilmente – perchè la scultura non aveva lo stesso significato tradizionale, protettivo, simbolico di un icona, di un'immagine dipinta. Per questo le sculture cosi “barocche” nel senso occidentale convivono, come vedremo, con le immagini che cercano di “resistere” al richiamo del rinascimento e del barocco ... Ma L’viv, Leopoli, un nuovo centro culturale della etnia ucraina, rappresentava poi un esempio perfetto dell’Ucraina multientica, multiculturale, dove i ruoli di maggioranze-minoranze etniche si interscambiavano col tempo tra tedeschi-polacchi-ruteni e dove erano presenti tutte le nazioni minimamente interessate al commercio, dai veneziani agli armeni. E' davvero interessante osservare, come anche l’aspetto delle immagini sacre inizia a cambiare, conservando, finché si poteva, l’involucro bizantino. Ma rafforzando il volume, la plasticità, i tratti individuali e a volte evidentemente nazionali(i tratti somatici) nei volti delle madonne.
Aumenta visibilmente l’espressività umana pur nei limiti dei contorni convenzionali «bizantini»( guardate la Pietà e le Passioni di Gesù, ad esempio nell’icona di Trukhnovychi...), tanto da adottare qualche elemento simile al gotico “violento” delle scuole occidentali. E’ da notare che il ciclo delle Passioni, in genere dipinto sulla stessa icona, termina sempre con la scena del Cristo risorto, con la vita che vince, coronata dalla scritta «Il Re della Gloria». Si evidenziano parecchi dettagli «narrativi», come il gallo di san Pietro, le scene del Pilato con la moglie, uno scorcio del paesaggio non atsratto o di un architettura ... I colori hanno un importanza enorme, il rosso e il verde costituiscono una coppia vincente, di gran impatto visivo e simbolico, come un Crocefisso su uno sfondo verde.
Assieme a tanti professionisti d’arte ed alle loro botteghe abbiamo una copiosa «produzione» delle icone popolari di tutte le epoche, dell’arte naif, che ha molti pregi, essendo narrativa e dinamica. Dalla quantità di questo genere di icone, giunte a noi, considerando quante sono state disperse e distrutte, si deduce che il dipingere per gli ucraini era una cosa normale e quotidiana. Cioè: narrare non solo con le parole, ma anche con i colori e con gli ornamenti (dipinti, ricami, ornamenti ritagliati in carta(vytynanky) ecc.). Qualche secolo dopo le case popolari dipinte con ornamenti colorati geometrici di matrice arcaica diventeranno un'ispirazione chiave per Kazimir Malevich, cresciuto nei villaggi ucraini, e per il suo stile particolare. Anche lui nell'autobiografia ricorda il continuo processo creativo svolto da contadine semplici. Nel XV-XVIII ss sono molto popolari le icone enormi dei «giudizi universali», legate forse più di qualsiasi altro soggetto sacro all'immaginario popolare, e non importa se creati da professionisti in bottega o da qualche artista contadino. Queste rappresentano una specie di «divina commedia» popolare, con le storie dei buoni e dei cattivi, con delle scene da orrende a boccaccesche: una locandiera che serve da bere alle anime in una locanda infernale, i demoni e il Satana degni dell’immaginario fiabesco. Di queste, e dell'arte barocca, parleremo prossimamente.
Odighitria di Dorogobuž, regione di Rivne, Volyn', chiesa della Dormizione, fine XIII – 1 metà
XIV s. Una delle immagini più antiche a noi pervenute. Espressione del volto
della Vergine solenne e seria. Di classica matrice bizantina, rappresenta la
Vergine vestita di porpora, con lumeggiature
sulle vesti sia della Maria sia del Gesù. Il rotolo delle sacre scritture, che il
Bambino tiene in mano, è di un particolare colore rosso, caratteristico per i
Balcani. La decorazione della manica a puntini bianchi è di sicura origine
kieviana.
Odighitria di Volyn', XIV secolo.
Arcangelo Michele di Dal'ova, solenne e monumentale, è un simbolo di bellezza e di perfezione per l'arte sacra ucraina del XV secolo. Da notare una particolare raffinatezza della linea e del colore. Il chiaroscuro del volto non modella i tratti rigidi, anzi, li sfuma leggermente per creare l'unità con le masse del colore rosso, naturalmente dominante per l'arcangelo della lotta e della giustizia.
San Giorgio, della fine del XIV secolo – un vero trionfo dei lineamenti dinamici, dei colori incisi. Unico nel suo genere il cavallo nero del guerriero santo, che si legge perfettamente assieme al manto rosso svolazzante ed alla linea perfettamente diagonale della lancia, l'insieme ricorda vagamente le scoperte compositive del gotico europeo.
Odighitria di L'viv, fine XIV-in.XV secolo, è ritenuta un esempio particolare di eventuali influenze italiane(senesi?) miste alla cara matrice bizantina. Una rara icona a sfondo nero, dai colori puri ed intensi: il mantello color porpora-amarena foderato in verde chiaro, ornamenti dorati, un velo bianco più “italiano” che bizantino, che scende lungo il collo della Vergine. Il bianco ed il rosso sono i colori dominanti, che trasmettono il concetto della luce.
Odighitria con i profeti da Hrushiv, reg.di L'viv, XV s., la cosiddetta “Madonna della Lode”, si distingue per un linguaggio davvero raffinato e anche personalizzato nei limiti del bizantino: un disegno particolare degli occhi, dallo sguardo penetrante, i colori caldi tra rosso-rosa-ocra con le varie tonalità del verde che disegnano le figure dei profeti, dalla pennellata libera e vivace – un tocco di bellezza “popolare” in un'immagine canonica. Questo tipo dell'immagine della Vergine in Ucraina è tra i più frequenti. In genere si divide in una parte centrale, che rapresenta la Maria con il Figlio, e le mezze figure degli arcangeli ai lati in sù, due strisce laterali con i profeti ed apostoli e la striscia in basso con i cantori ed i SS.Gioacchino ed Anna.
Deisis dalla chiesa della Natività della Vergine, Vanivka, Lemkivščyna, in. XV secolo – una radiosa e solenne combinazione delle linee essenziali con i colori chiave della tradizione ucraina, il rosso e il verde sonori, con i tocchi del rosa e dell'ocra.
La nascita della Vergine, di un maestro anonimo, ma di una maniera ben marcata, sempre da Vanivka. Siamo nel XV secolo, quando le scene narrative diventano sempre più popolari. La composizione, apparentemente bizantina, si risolve con grande maestranza – un ritmo intenso, la disposizione dei gruppi di persone, unite dalla stessa emozione, a contrasto con gli altri ecc., le figure volutamente ed elegantemente allungate, con i drappeggi svolazzanti, che sembrano danzare, gli elementi architettonici leggibili, e, naturalmente, i colori puri, sonori e festosi, tra le tonalità del verde intenso, rosso, porpora. La pittura leggera, espressiva, le pennellate trasparenti.
Arcangelo Michele dal Deisis della Chiesa della Vera Croce di Drohobyč, regione di L'viv, fine XV secolo. Di gran effetto lo sfondo verde olivastro e tutto il gamma costruito sulle tonalità del verde con le “fiamme” del rosso e lumeggiature bianche. Da notare l'erba, i fiori e le bacche decorative che, assieme ai ricchissimi ornamenti delle vesti dell'Arcangelo rafforza il senso del fiabesco, tra il “celeste” ed il “terreno”.
San Giovanni Crisostomo, dal Deisis, fine XV – in-XVI secolo, la chiesa di S.Parasceva di Il'nyk, reg.di L'viv. Di nuovo un esempio dei colori memorabili, lo sfondo cangiante verde erba, il colore della vita, le vesti rosse dall'ornamento caratteristico. I drappeggi piatti e convenzionali secondo i canoni contrastano con il volto modellato in un modo eseplessivo, più plastico, con i tratti personali ben individuabili.
I SS.Cosma e Damiano, XV secolo, dalla omonima chiesa di Tylyč, Lemkivščyna.
I SS.Giorgio e Parasceva, fine XV-in.XVI s., dalla chiesa dei SS.Cosma e Damiano Korchy catturano lo sguardo da un'espressività quasi violenta, da una risoluzione plastica e dai dettagli che mostrano chiare influenze dell'arte occidentale, come il cartiglio goticheggiante di San Giogio, i dettagli dell'armatura, il “tentativo” dei santi di oltrepassare la cornice. Nella esecuzione si sente la mano di un maestro popolare, ma la mancanza di professionalità si recupera con le pennellate dinamiche, la forza emotiva, i colori gioiosi.
Il Pantocratore / Deisis, fine XV-in.XVI s., dalla chiesa della Madonna della Misericordia di Ričyc'a, reg. di Rivne – un vero capolavoro di maestranza, di classicità. La luce emanata da quest'icona, la saggezza celeste dello sguardo di Gesù suscitano emozioni profonde in un credente ma anche in uno spettatore laico. Luminosità e linearità, colori trasparenti, smaterializzati dalle lumeggiature sottilissime.
Le Passioni dalla chiesa della Madonna della Misericordia di Truševyči, fine XV-in.XVI s. Abbiamo un immagine narrativa e molto espressiva nella chiave popolare, con i personaggi che esprimono le loro emozioni con le mosse del corpo molto eloquenti. Lo sfondo verde, il verde, che domina, allude alla risurrezione ed alla vita.
La Vergine con i Profeti, (o della Lode) da Kremna, reg.Lemkivščyna, fine XV-in.XVI s.è risolta nei colori da un impatto quasi mistico, un azzurro-verde particolare delo sfondo(il blu della saggezza Divina), sul quale risultano luminose e calde le aureole della Madre e del Figlio, come tutto il colorito lascia un'impressione della luce calda e intima. Gli sguardi attenti verso lo spettatore, i volumi dei volti ormai più percepibili di quei “canonici”.
La Discesa al Limbo da Holm, dell'inizio del XVI secolo, ci presenta una composizione ancora classica e bizantina, con i personaggi risolti in una chiave personalizzata ed emotiva. Un grande effetto della mandorla blu intenso di sfumature diverse, il simbolo della Divina Saggezza, che avvolge la figura del Gesù e diventa una chiave coloristica di tutta la scena.
Uno dei personaggi molto amati dal popolo, San Niceta che combatte il male, della prima metà del XVI secolo, da Il'nyk, regione di L'viv, è dipinto da un pennello davvero capace e raffinato, da un'artista che ha saputo conciliare i lineamenti bizantini con una capace stilizzazione del demonio “fiabesco” e con i tratti del volto del Santo davvero individuali, da ritratto di un volto nobile di un contemporaneo, adattato ai canoni bizantini.
La resurrezione di Lazzaro, della metà del XVI secolo, dalla chiesa della Madonna della Misericordia di Pol'ana, reg.di L'viv, ci presenza una versione senz'altro naif , ma di una vena narrativa ed emotiva notevole – guardate la figura vestita di rosso, che si chiude la bocca con una mano per lo stupore sincero, vedendo un miracolo.
Un battesimo di Gesù della metà del XVI s. da Kaluš, reg. di Ivano-Frankivs'k, molto raffinato, che si avvicina nella composizione alla precedente “Discesa al limbo”, grazie al blu intenso dello spazio colorato centrale, l'acqua del Giordano che forma una specie di mandorla attorno al Gesù. Da notare i volti dolci degli angeli e la risoluzione più voluminosa dei corpi e dei volti di tutti i personaggi, che assumono un aspetto individualizzato.
San Demetrio con scene della vita, XVI s., dalla Chiesa di S.Michele a Florynka, in Lemkivščyna, appare come un fiero giovane, descritto con elementi plastici e dettagli eloquenti che lo staccano dalla matrice bizantina. Un cavaliere, armato da una spada, da un arco con le frecce, descritte in modo dettagliato, da uno scudo dal ruolo piuttosto decorativo, guarda sicuro lo spettatore, con la mano destra, alzata per “evadere” dalla cornice. Il colorito basato su arancione – celeste è spettacolare.
Presentiamo qualche immagine “molto naif”, come questo Volto Santo della fine XVI s., che ha un aspetto buffo, come quei degli angeli che tengono il drappeggio – sembra uscito da un'allegra compania dei cosacchi, che riposano, bevono e scambiano le storie buffe. Un'immagine desacralizzata, sì, sarebbe meglio dimenticare che si trattava del Gesù ed apprezzare la notevole vivacità dei personaggi.
Una Madonnina popolare del XVI secolo, dipinta senza alcuna pretesa all'altezza dello stile, ci conquista con quel Suo, e del Bambino, sorriso amichevole, un volto privo da qualsiasi segno di un presentimento tragico. E' una Vergine molto vicina ad un contadino, e davvero una consolatrice. Il colore rosso risulta piuttosto quello del Sole e della bellezza terrena, che quello delle Passioni.
Anche questo Arcangelo Michele, fine XVI s., da Čertižne, Lemkivščyna, è un perfetto esempio dello stile naif, davvero espressivo, con una interessante risoluzione dei colori – il verde scuro dell'erba, il resto – su giallo e arancione, colori del fulmine e del fuoco, legati al personaggio.
Questo Crocefisso con i dolenti, del XVI s., da Topil'nyc'a -Dolišn'a, regione di L'viv, non è un'opera di altissimo livello professionale, ma colpisce per una forte emotività. La Vergine, dai cui occhi si percepisce un dolore immenso, la bocca chiusa con una mano, San Giovanni, immerso in un pensiero profondo, la sua fronte corrucciata... E un crocefisso lineare, i cui colori uniscono il rosso e il nero, un caso insolito, i due colori chiave dell'arte popolare di molte regioni ucraine, che, messi insieme, in genere rappresentano la vita e la morte.
Il “Volto Santo” di un “Maestro Oleksij”; metà XVI s., da Ustyjanova-Horišn'a unisce lo spirito solenne ad uno spiccato gusto ornamentale e ad una precisione calligrafica del segno. La tendenza di dar più volume e più dolcezza (nel caso degli angeli) ai volti, rispentando l'ornamentalismo piatto dello sfondo e dei drappeggi è evidente.
Sempre di “maestro Oleksij”(presumibilmente un monaco del monastero di Sušyc'a) questa “Vergine della Tenerezza”, seconda metà del XVI secolo da Lyskovate, Lemkivščyna. Una mirabile fusione tra l'involucro “bizantino”, i volti vivaci ed emotivi della Madre e sopratutto del Figlio, che sembra proprio un ragazzino e non un concetto astratto, vestito di una camicia ricamata “alla ucraina”, di rosso e di nero.
Di nuovo un soggetto “narrativo”, i “Re Magi”, metà XVI secolo, dalla Chiesa della Vergine di Busovys'ko, regione di L'viv – i lineamenti ancora bizantini dal tocco “gotico”, figure volutamente allungate, a creare uno spazio ornamentale dai colori sonori e trasparenti.
L'Arcangelo Michele” di un “Maestro Dmytriy, anni 1560, Chiesa di S.Michele a Dolyna, regione di Ivano-Frankivs'k, dal tocco popolare e dai dettagli ben precisi, è forte soprattutto nelle scene delle imprese, create con delle pennellate veloci ed azzeccanti, di grande vivacità.
Sempre di Maestro Dmytrij questi apostoli del Deisis, anni 1560, Chiesa della Natività della Vergine a Dolyna – figure robuste e poco aggraziate, ma risolte con sicurezza e con una voglia di personalizzare ogni volto.
Un San Giorgio con la Principessa, metà XVI s., da Velyke, regione di L'viv – davvero fiabesco e festoso in tutto, a partire dai colori tra il verde cangiante, il rosso puro, il blu, l'ocra dorato con tutte le sfumature e lumeggature applicate con grande gusto. La composizione e la risoluzione dei personaggi si potrebbe definire un “naif di uno grande professionista”, che sa giocare bene secondo le regole di uno spazio ornamentale ancora bizantineggiante. Ogni elemento è rifinito ed esaltato a perfezione. La diagonale della lancia, il manto rosso svolazzante e lo sfondo ornamentale argentato che si abbina benissimo a tutto il resto. Una di quelle opere che conferma l'importanza particolare del colore nella tradizione artistica ucraina.
Quest'Annunciazione del “Maestro Fedus'ko di Sambir”, anno 1579, monastero Mylec'kyj, Volyn' ci presenta una risoluzione davvero convenzionale delle proporzioni delle figure, dai corpi piccoli e sottili e le teste ingrandite, a quanto pare, volutamente, quasi a voler dare più importanza possibile al lato emotivo. Una particolare dolcezza, lirismo dei volti dell'Arcangelo e della Vergine, un percettibile dialogo degli sguardi(guardate il frammento successivo ingrandito).
L'Annunciazione del Maestro Fedus'ko, un frammento.
Un frammento del Deisis della Chiesa della Dormizione, Nakonečne, regione di L'viv, con San Pietro e la Vergine – un gioco ritmico tra il dinamico(S.Pietro) e lo stabile(la Vergine). Da notare i lineamenti “guizzanti” del Pietro ed elegantemente verticali della Vergine. Il colorito piacevolmente freddo tra ocra schiarito, il blu e il verde sullo sfondo ornamentale argentato.
Alcuni esempi dell'architettura e scultura ucraina, contemporanea o quasi alle immagini sacre dipinte di cui raccontiamo. Ecco la “Čorna kam'ja nyc'a”, o il Palazzo Nero, un elegante edificio rinascimenatle dalle tradizioni occidentali, anno 1577, architetto Petro Krasovs'kyj. L'viv, Piazza Mercato (Plošča Rynok).
Capella dei Tre Santi, 1591, presso la Chiesa della Dormizione di L'viv, architetto Andrij Pidlisnyj.
La Chiesa della Dormizione di L'viv e il Campanile, 1591-1629, architetti: Paolo di Roma, Amvrosij Pryhyl'nyj, Pietro Italiano.
Capella della famiglia Boim, 1615, arch. A.Bemer, decorazione interni anche H.Fiscer – tra il rinascimento ed il manierismo.
Cappella dei Boim, frammento della decorazione interna.
Un mirabile esempio dell'architettura in legno, molto diffusa in Ucraina – la Chiesa dello Spirito Santo a Potelyč, anno 1502.
Le pitture murali su legno della Chiesa di Potelyč, degli anni 1620-1640. Risolte, come succede spesso nelle pitture murali, con più libertà e più immediatezza rispetto ad un'icona. La Dormizione della Vergine.
Le pitture murali di Potelyč, Il Compianto su Cristo morto.
La Vergine con i Profeti(della Lode), la composizione che ormai conosciamo. Qui e nelle immagini seguenti, di maestri e di maestranze diverse, possiamo seguire i tentativi di individualizzare il volto della Vergine e del Bambino, restando comunque nei limiti dell'”involucro bizantino”, tanto che si notano i tratti somatici dell'ideale di bellezza ucraino, qui – gli occhi grandi e scuri “color pruno selvatico”, le sopracciglia nere marcate a forma dell'arcobaleno della Madre e del Figlio.
Raffinatissima la pittura di quest'Odighitria di Krasiv, regione di L'viv, inizio XVI secolo, lo sguardo più “distaccato” di quello della Vergine dell'opera precedente, comunque sempre molto dolce e un po' triste. Il volto, gli occhi, le sopracciglia, la linea del naso – sono piùttosto i tratti di una bellezza terrena idealizzata e stilizzata che rappresentazione di un concetto sacro. Molto elegante il gamma dei colori, questa volta non puri e cangianti, ma più cupi, caldi, rosso-porpora-brunastro con abili tocchi del blu.
Il volto di quest'Odighitria, metà XVI s., Chiesa della Vera Croce, Drohobyč, regione di L'viv, colpisce davvero perché trasmette immediatamente un presentimento tragico della Madre allo spettatore. Il volto è vivo, è mosso, ha volume, anche se, tecnicamente, nelle linee principali risale – deve risalire – al modello bizantino. Ma i lineamenti delle sopracciglia, della fronte, gli occhi, “fissi” su una visione interiore, concentrano un emozione esplosiva.